STRADE DI NAPOLI | TRA FASCINO E STUPORE
- Napoli è... magia
- 12 lug 2019
- Tempo di lettura: 3 min

La prima impressione che si riceve entrando in Napoli, è quella d'una città in festa. Quel chiasso, quello strepito, quella turba di veicoli e di pedoni che si affollano per le vie, ti sembra, a prima vista, che debba essere cosa transitoria, un fatto fuori dell'ordinario, una sommossa, una dimostrazione o che so io. Volti gli occhi in aria: una miriade di finestre ed altrettanti balconi e tende che sventolano al sole e fronde e fiori e persone fra quelli affacciate, ti confermano nella illusione. Il frastuono, le grida, gli scoppi di frusta ti assordano; la luce ti abbaglia; il tuo cervello comincia a provare i sintomi della vertigine, i tuoi polmoni si allargano; ti senti portato a prender parte alla entusiastica dimostrazione, ad applaudire, a gridare ― evviva! ― ma a chi?
La scena che si svolge davanti ai tuoi occhi non ha nulla di eccezionale, nulla di straordinario; la calma è perfetta, nessuna forte passione politica agita questo popolo, ognuno va per le sue faccende, parla dei suoi affari; è una giornata come tutte le altre, è la vita di Napoli nella sua perfetta normalità e nulla più. Strano paese è questo! Quale impasto bizzarro di bellissimo e di orrendo, di eccellente e di pessimo, di gradevole e di nauseante. L'effetto che l'animo riceve da un tale insieme è come se si chiudessero e si riaprissero continuamente gli occhi: tenebre e luce, luce e tenebre.
La straordinaria ed abbagliante varietà di tutto quello che dà nell'occhio a chi è nuovo di questo paese è tale da far credere che tutti si siano dati le intese, per non fare la stessa cosa nella stessa maniera. Lo spirito di una indipendenza primitiva regna assoluto; ognuno fa quello che crede e che più gli accomoda senza curarsi se sarà ridicolo o se arrecherà ad altri molestia. Le guardie municipali sono impotenti o quasi in tanta baraonda. Il fabbro ferraio porta la sua fucina in mezzo della via ed altrettanto fanno tutti gli altri artigiani; gl'inquilini dei bassi o piani terreni, scacciati dalla oscurità o dalla malaria delle loro tane, si scaricano su la via coi loro mobili, coi loro cani, col gatto, col ciuccio, coi polli, con la pecora, e lì stanno a chiacchierare, a grattarsi, a lavorare, a dormire, a mangiare, a digerire, a..., e così dal fare del giorno al calare della notte la intera città assume l'aspetto d'una immensa bottega di rigattiere.
In alcune vie il cielo è quasi nascosto da migliaia di panni stesi ad asciugare e ventilarsi su corde tirate da una parte all'altra della strada, che sgocciolano e brillano schioccando al vento come se anch'essi godessero di vedersi finalmente puliti davanti alla luce del sole. In altre vie la circolazione è qualche volta preclusa da ogni sorta d'ingombri, eppure a forza di lanci, di zig-zag, si passa, si tira avanti e si ride, e nessuno brontola e nessuno si lamenta, perchè nessuno è rimproverato nè ascolta lamenti se fa altrettanto dal canto suo.
Ma quanto è bello, amico mio, quanto è seducente per chi ha una dramma d'artista nell'anima, l'effetto pittoresco di questo spettacoloso disordine! Specialmente per colui che vi si trova framezzo, arrivando dalle altre provincie d'Italia, dove gli è necessario un permesso bollato anche per poter fare ciò che legalmente gli è stato imposto, e dove mille elaborati regolamenti ti vessano, ti tormentano e t'impacciano più di tutti gl'ingombri del più affollato vico di Napoli, l'effetto è tanto grande che spesso ti senti sfiorare le labbra da un sorriso di maliziosa compiacenza, quando arrivi ad accorgerti che in fine dei conti tutti gli estremi si toccano. Per carità non dire a nessuno di questa eresia, se no m'impalano. Ed anche tu siimi indulgente e compatisci questo povero diavolo che diventa barbaro provvisoriamente, per eccessivo amore a un ideale d'incivilimento, il quale forse non ha altro difetto che d'essere un po' troppo a modo suo.

(Da "Napoli a occhio nudo, lettere ad un amico" di Renato Fucini)
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